Sei un consulente aziendale? Bene, allora nell’ 85 % dei casi, stando ai dati pubblicati da Confindustria, non stai fatturando più di 70.000 € all’anno, a questo devi poi togliere le tasse e le spese e quindi, in realtà, guadagni molto meno delle gran parte delle persone a cui vai ad insegnare le cose. Non c’è da stupirsi che, per molti consulenti, il “sogno nel cassetto” sia quello di farsi assumere da qualche loro cliente. Perdonami la franchezza ma è così.
In questo settore c’è solo una ristrettissima élite di aziende e professionisti che guadagnano i soldi veri: Meno di 50 aziende (lo 0,2 del totale) si spartisce infatti oltre il 50% del fatturato del settore. E tutti gli altri? tutti gli altri sono “eminenti inconsistenti”.
Lascia che mi spieghi meglio: nella professione di consulente si incontrano fondamentalmente quattro problemi principali (se ne incontrano di più, ma saper risolvere brillantemente questi quattro è quello che fa la differenza:
- il primo è come acquisire clienti ad alto potenziale ad un costo sostenibile;
- il secondo è come erogare dei servizi andando oltre le aspettative dei clienti;
- il terzo è come ingaggiare dei collaboratori validi a cui trasferire una parte del lavoro pagandoli proporzionalmente alla loro produttività;
- il quarto è come fare in modo che questi, una volta acquisita la professionalità richiesta, non se ne vadano portando via clienti e know-how.
Chi non risolve questi problemi si ritrova a competere quasi esclusivamente sul prezzo. Abbassando cioè le tariffe professionali.
Ognuna delle problematiche o sfide descritte sopra sono un challenge per chi si occupa di management consulting, per i knowledge manager e per i CEO di queste società.
Dal un punto di vista di knowledge management si tratta essenzialmente di comprendere come sviluppare un corpo di conoscenza applicabile innanzitutto alla propria azienda e, solo successivamente, vendibile alle aziende clienti.
In altre parole il Knowledge Manager deve, per prima cosa, risolvere le quattro problematiche descritte sopra per la sua stessa azienda e solo allora può ritenere di avere a disposizione un know-how davvero spendibile sul mercato.
Alcuni esempi di evidente inconsistenza:
- Il consulente aziendale (o la società di consulenza) insegnano cose che non sanno applicare. Ad esempio: parlano di Marketing Strategico ma si procurano i clienti esclusivamente dal canale delle loro conoscenze.
- Il consulente aziendale (o la società di consulenza) trasferiscono concetti in astratto. Ad esempio: formano sulla leadership ma nel loro gruppo sono in 3 persone, ognuna “leader” di qualcosa, ma nessuno gestisce dei collaboratori.
- Il consulente aziendale (o la società di consulenza) parlano di best pratice a cui non hanno partecipato o di aziende che non hanno mai frequentato. Ad esempio: parlano della Apple (o di qualunque altra mega azienda nota a tutti) senza esserci mai stati e men che meno aver partecipato alla loro nascita o espansione.
l’elenco delle “inconsistenze” potrebbe proseguire a lungo ma credo di aver trasferito con sufficiente chiarezza il concetto.
Credo che il nostro settore, per non perdere di credibilità debba maggiormente impegnarsi nello sviluppo di un know-how autentico, originale, frutto di esperienza e che contenga delle reali best practice applicate in aziende reali.
In questo il ruolo dei knowledge manager e del knowledge management gioca naturalmente un ruolo fondamentale e richiede un profondo cambio di paradigma che porti a sperimentare, applicare, ingegnerizzare e solo allora a trasferire ed insegnare.
Per ulteriori approfondimenti sul ruolo del knowledge manager nelle società di consulenza: Articolo sul Customer Service e Necessità di cambiamento.
Se vuoi alcuni esempi del nostro know-how e del nostro modo di intendere il knowledge management visita il nostro sito aziendale.