Tre semplici cose per essere un capo migliore

copertina post tre semplici cose

A mio avviso ci sono alcuni semplici atteggiamenti di base per poter essere considerato un buon datore di lavoro, senza dover necessariamente essere “un super leader alla Steve Jobs”. Sono tutte cose semplici che non richiedono nessuna dote di leadership particolare. Solo un po’ di buon senso. Quello che segue non ha la pretesa di essere un elenco esaustivo, sono semplicemente alcuni spunti ricavati dall’esperienza.

Le tre semplici cose per poter essere un capo migliore:

Porre attenzione alle idee dei propri collaboratori ad ogni livello gerarchico. Non sempre c’è il tempo o la voglia di farlo, ma quando qualcuno fa una proposta – almeno per chi la fa – è quasi sempre una cosa importante. Disincentivare questo spirito naturale di migliorare le cose, che è quasi sempre presente nelle persone dell’azienda, a lungo andare ostacola l’innovazione. Le persone avranno cioè la tendenza a respingere le novità aziendali proprio perché le loro vengono regolarmente respinte a priori. A volte si ascoltano 100 idee “inutili” prima di ascoltare qualcosa di davvero produttivo, il fatto è che se non si sono ascoltate le precedenti 100 quella utile non verrà nemmeno proposta. I collaboratori, anche quelli che ricoprono i ruoli gerarchicamente “meno prestigiosi”, hanno spesso delle idee davvero molto valide, basta ascoltarle.

Accettare le cose fatte in autonomia, anche se imperfette. Non è un invito al caos o all’anarchia, ma piuttosto un invito alla tolleranza delle iniziative altrui specie se sono orientate alla risoluzione pratica dei problemi. Non permettere anche agli altri di sbagliare, crea delle aziende di timidi esecutori e di pedanti “yes man”. È vero che gli errori e le imperfezioni costano all’azienda, ma si deve fare una distinzione tra chi non rispetta le best practice di comprovata efficacia, e chi invece tenta di “metterci del suo” di fronte a circostanze ostili o inaspettate che richiedono soluzioni urgenti. Avere in azienda dei solo cloni attendisti non è meno costoso che accettare, quando le circostanze lo richiedono, delle iniziative seppur non concordate od imperfette.

Delegare senza pretendere che gli altri facciano quello che avresti fatto tu come lo avresti fatto tu, se i tuoi collaboratori (specie quelli più rilevanti a cui deleghi delle funzioni) la pensassero esattamente come te non sarebbero i tuoi collaboratori ma i tuoi concorrenti. Inoltre la delega richiede tempo e tolleranza. Tempo e tolleranza in quantità almeno proporzionata a quello che concedi a te stesso ogniqualvolta ti imbarchi nel voler fare qualcosa di nuovo o che ancora non padroneggi in pieno. Far notare agli altri la propria indispensabilità o “superiore maestria”, credo che sia uno dei più grandi autogol che un datore di lavoro possa fare alla sua stessa impresa. Specie se questo viene fatto dopo aver delegato qualcuno ad una funzione che in precedenza veniva svolta direttamente.

Come vedi sono cose semplici, tre accorgimenti che non richiedono nessuna dote di leadership particolare. Solo un po’ di buon senso ma che ciò nonostante faranno di te un capo migliore, o se pPreferisci, iniziano a fare di te un leader.

Un altro articolo su questo soggetto.